Una delle patologie ungueali abbastanza diffusa è la cosiddetta “unghia incarnita” o onicocriptosi. È molto frequente nelle dita del piede, soprattutto nell’alluce, e consiste nella penetrazione di un lato dell’unghia, o di entrambi i margini, più raramente della parte libera (quella che si taglia), all’interno del tessuto che la accoglie e la circonda.
È un’affezione tendenzialmente recidivante, e si manifesta più frequentemente nella porzione mediale (esterna o tibiale) dell’alluce.
L’etiologia è multifattoriale, interessa tutte le fasce d’età, anche se ha un’incidenza maggiore nelle prime due decadi di vita, è legata sia a cause estrinseche, che intrinseche.
Tra le prime ricordiamo, tra tutte, l’errato taglio dell’unghia, con la parte esterna asportata eccessivamente, oppure con gli angoli rimossi esageratamente in profondità (provocando un decubito profondo permanente), ovvero lasciando all’interno uno “sperone” ungueale appuntito e penetrante.
Ed ancora, l’uso di scarpe a pianta ristretta, a punta stretta o con tacco esageratamente alto che provoca ripetuti microtraumi ed eccessivo carico dell’avampiede; l’iperidrosi (eccessiva sudorazione) giovanile, aggravata dall’uso ordinario, ogni giorno, di scarpe da ginnastica che impediscono la traspirazione e predispongono a infezioni ricorrenti, batteriche o fungine (“piede d’atleta”) e cagionano reazioni infiammatorie croniche delle estremità digitali.
Tra le cause intrinseche individuiamo alcune malformazioni congenite come la macrodattilia (dito grosso) e l’alluce valgo (deviato, sul proprio asse, verso l’interno) oppure malattie croniche come l’artrosi. Anche l’unghia molto convessa (per sofferenza vascolare o congenita) provoca eccessive pressioni sul letto ungueale e sulle parti laterali di esso. Perfino l’alterato appoggio del piede da posture errate, oppure il sovrappeso o il diabete possono essere causa di questa patologia dell’unghia.
È un’affezione che provoca molto dolore e spesso è invalidante; molte volte viene sottovalutata dal paziente, che la trascura o la cura con tecniche non idonee, che qualche volta si rivelano dannose.
È determinata da una sofferenza cronica del solco ungueale laterale, con abbondante formazione e crescita di tessuto di granulazione infetto che invade, talvolta a dismisura, la plica ungueale, debordando dal margine ungueale esterno e spesso anche dal bordo libero. Qualche volta, come ulteriore complicanza, nel contesto del tessuto di granulazione può formarsi anche un granuloma piogenico, che a lungo andare corrode la parte di unghia infiltrata, rendendola fragile e malacica: il margine colpito si frammenta o assume un aspetto “dentellato”, rappresentando un ulteriore stimolo alla formazione di altro tessuto di granulazione.
L’onicocriptosi presenta vari gradi di gravità, in aumento progressivo: ognuno di essi può indirizzare il medico anche su quale tipologia di terapia eseguire.
Si va dall’iniziale arrossamento nel territorio della plica ungueale, alla formazione del primo tessuto di granulazione, alla sovrainfezione batterica o fungina di esso.
E si prosegue con la cronicizzazione di tale processo, e successivamente con il sovvertimento dei piani anatomici ungueali causato dalla crescita incontrollata del tessuto di granulazione che solleva progressivamente tutto il bordo dell’unghia e lo invade anche esternamente, arrivando a ricoprirlo del tutto negli stati più avanzati.
Nei primi stadi della malattia si può tentare di essere risolutivi unicamente con una terapia medica locale. Preliminarmente, quando fosse possibile, si deve eliminare o ridurre la causa che ne ha provocato la comparsa: per esempio eliminando l’utilizzo di scarpe inadeguate, istruendo il paziente sul corretto taglio delle unghie, asportando con strumenti podologici idonei possibili sporgenze mal tagliate della lamina ungueale.
Contemporaneamente bisogna indirizzare il paziente ad eseguire una corretta igiene del piede, lavandolo ogni giorno con un detergente a pH acido (crea un ambiente cutaneo che nuoce alla crescita microbica) ed asciugandolo con cura; correggendo l’iperidrosi con prodotti specifici normotraspiranti (per esempio utilizzando creme, spray o polveri ai sali di alluminio), oppure utilizzando suolette interne adsorbenti, anche medicate, da sostituire con frequenza; curando la malattia diabetica o la micosi, se presenti.
Detto ciò, si può applicare sulla zona sofferente prima una garza o un bastoncino cotonato imbevuti di acqua ossigenata diluita, poi un disinfettante all’ammonio quaternario o un pirrolidone iodico (non la tintura di iodio), infine una pomata antibiotico – cortisonica (è noto che il cortisone è efficace nel ridurre la crescita del tessuto di granulazione).
Quando il tessuto di granulazione si presenta ancora in modesta quantità, si può anche tentare un suo arretramento agendo su di esso con alcuni presidi fisici come l’elettrocoagulazione, la crioterapia con azoto liquido, la rimozione radicale “en bloc” con un laser chirurgico o con il semplice bisturi, tutti da eseguire in anestesia locale. Oppure, su di esso, possono essere utilizzati vantaggiosamente anche alcuni presidi chimici come il fenolo, l’acido tricloroacetico, il nitrato d’argento.
Negli stadi patologici più avanzati è senz’altro necessario ricorrere al trattamento chirurgico, eseguito in anestesia locale, con un’eventuale sedazione cosciente, se ritenuta necessaria.
Quello comunemente più attuato, soprattutto da specialisti di branche chirurgiche generiche e da molti podologi, è l’avulsione parziale o totale della lamina ungueale incarnita (onicectomia parziale o totale). La parziale consiste nell’asportazione soltanto della porzione incarnita dell’unghia, dopo averla tagliata in senso verticale, fino alla matrice ungueale, per delimitarla dalla parte sana; la totale consiste nell’avulsione “a strappo” di tutta la lamina ungueale del dito, fino a rimuoverla dal letto ungueale e dalla matrice.
Questi, entrambi, sono interventi semplici, di rapida e facile esecuzione, che però solo raramente sono risolutivi: presentano un altissimo tasso di recidiva poiché è frequente che la neo-unghia, quando ricrescerà, a sua volta si incarnerà di nuovo. Inoltre, si potrà incarnire facilmente anche sul suo bordo libero, quello che viene tagliato, poiché il letto ungueale, durante la crescita, cicatrizza sia ai lati esterni che su quello superiore, l’unghia si affossa su un letto ungueale di superficie ridotta e il bordo libero dell’unghia si incunea internamente, verso la cute della punta dell’alluce.
Date tali premesse, l’intervento chirurgico più corretto e quasi sempre risolutivo è l’onicoplastica laterale completa (un’evoluzione dell’intervento di Plastica secondo Emmert), operata in genere dal chirurgo plastico, in anestesia tronculare alla base del dito ed in ischemia con laccio emostatico.
Consiste in una escissione a tutto spessore sul margine laterale della lamina ungueale, fino a raggiungere il periostio della falange distale, agendo sulla matrice, che deve essere anch’essa asportata interamente; nell’eliminazione completa del tessuto di granulazione del solco ungueale interessato (eventualmente affinando la rimozione con un successivo passaggio con l’elettrocauterio o con laser CO2); nella plastica di ricostruzione della plica ungueale, che si ottiene ribaltando verso l’interno il bordo cutaneo del margine libero laterale e garantendo la sua tenuta a cilindro applicando alcuni punti di sutura di calibro sottile.
Così facendo la lamina ungueale viene completamente “ripulita” del tessuto di granulazione, degli annidamenti dei siti d’infezione, della porzione di matrice che generava la parte di lamina ungueale che si incarniva. Viene ricostruita, poi, riprendendo la sua conformazione anatomica originaria, con una corretta tecnica di chirurgia plastica, accurata e meticolosa.
Modernamente sono state elaborate altre tecniche chirurgiche, complementari o, alcune volte alternative a questa, specialmente in caso di recidiva.
Una tecnica molto valida, soprattutto in caso di recidiva o di insuccesso nella ricostruzione plastica della plica ungueale (per esempio per sovrainfezione batterica o micotica; oppure per diastasi dei punti di sutura) è l’onicoplastica “con tutore”.
Il primo tempo è simile all’intervento classico di onicoplastica, almeno fino alla rimozione del tessuto di granulazione, ma nel secondo tempo, invece di dilungarsi nella ricomposizione chirurgica della plica, si inserisce nel bordo dell’unghia, dopo averlo bonificato tagliandolo fino a dove non si mostra malacico o seghettato, un “tutore” tubulare in silicone morbido (per esempio un segmento di uno o due centimetri di un catetere di piccolo calibro, tagliato in senso longitudinale), incastrato sul bordo dell’unghia resecata, suturato ad essa o incollato con cianoacrilato. La piccola protesi, facendo da guida durante la crescita dell’unghia, la separa dai tessuti circostanti, impedendone l’incarnimento e stimolando una fibrosi all’esterno del suo margine: il piccolo tutore permette la ricostituzione della plica ungueale soltanto per guarigione in seconda intenzione.
Un’altra tecnica interessante (procedimento chiamato ortonixìa, cioè unghia disposta correttamente) è stata mutuata da competenze odontoiatriche e ortodontiche. Modifica progressivamente la curvatura dell’unghia per liberare il margine incarnito dal decubito ungueale.
Consiste nell’applicazione di un filo ortodontico in titanio, incollato ad ancora con resina acrilica ipoallergica nella zona della lunula e, per meno di mezzo centimetro, anche verso l’esterno della parte di unghia incarnita.
Come è ben noto in ortodonzia la memoria del filo di titanio, applicato permanentemente e accorciato progressivamente, consente di variare la curvatura dei denti, allineandoli tutti in un unico raggio di curvatura, più ampio di quello in origine.
Con lo stesso principio, ancorando la lamina ungueale ad un filo di titanio attaccato ad essa, che sia di giusto calibro o di uno più fine, ma intrecciato, si costruisce una leva con fulcro sul punto centrale dell’unghia, quello di più saldo incollo alla resina acrilica, si ottiene una leva che consente di sollevare le parti esterne dell’unghia. Così facendo si allarga gradualmente la curvatura ungueale poiché il filo di titanio, a seconda del calibro e/o dell’intreccio, realizza una forza, continua e contraria a quella della convessità dell’unghia, che ne amplia il raggio di curvatura: pertanto tale leva asseconda la diminuzione progressiva del decubito laterale sul margine incarnito.
Il metodo è molto valido in caso di onicocriptosi monolaterale moderata o bilaterale non grave, in associazione con l’uso di creme antibiotiche e cortisoniche. Nei casi di gravità più avanzata, si deve necessariamente associare all’ortonixìa anche una toilette chirurgica o chimica del tessuto di granulazione.
Infine, in alcuni casi classificati molto gravi, oppure quando non si riesce a dominare in alcun modo e con alcun trattamento la recidiva dell’unghia incarnita, si può eseguire un intervento chirurgico “estremo” chiamato onicectomia radicale, che consiste nel rimuovere oltre all’unghia malacica, anche la matrice ungueale, in modo che la lamina ungueale non ricrescerà mai più. Risolve definitivamente l’onicocriptosi, però comporta una grave menomazione estetica e funzionale: un dito senza unghia non è certamente bello a vedersi, ma soprattutto l’estremità ossea e pulpare del dito risulterà non essere più protetta dai traumi apicali, poiché l’apparato ungueale, che ha proprio tale funzione, sarà stato eliminato definitivamente.