Si tratta di una neuropatia da compressione del nervo mediano al polso, dovuta ad una riduzione dello spazio in cui passa il nervo. Tale canale anatomico osteo-fibroso è abbastanza stretto, ed è occupato anche da alcuni tendini che scorrono in esso, assieme con le loro guaine sinoviali.
Una diminuzione anche poco rilevante dello spazio fisiologico normalmente disponibile, o un rigonfiamento anche minimo di un tendine che scorre in esso, o di una sua guaina, provoca il dolore e la riduzione della sensibilità tipici di questa malattia o sindrome.
Anatomicamente il canale è costituito dorsalmente da una barriera osteo-articolare abbastanza rigida, formata da alcune delle ossa del carpo (principalmente lo scafoide ed il trapezio) e ventralmente da una bandelletta fibrosa, abbastanza spessa, che raccoglie e contiene nove tendini ed il nervo mediano, chiamata ligamento carpale trasverso.
È una neuropatia abbastanza dolorosa. Negli stadi iniziali il nervo manifesta soltanto una tendenza al rigonfiamento, soprattutto prima del suo ingresso nel tunnel. Successivamente si può assottigliare, tanto da diventare addirittura filiforme.
Il nervo mediano è un nervo sia motorio che sensitivo. La parte motoria innerva alcuni muscoli della cosiddetta eminenza tenar (la parte più panciuta del palmo della mano, quella che sta alla base del pollice), quelli che consentono una parte del suo movimento, ed altri muscoli del palmo, più piccoli e di minore importanza motoria.
La parte sensitiva innerva principalmente la cute palmare delle prime tre dita della mano e della metà più interna del quarto dito.
I sintomi
Considerati tali presupposti anatomici, il primo sintomo della malattia è l’intorpidimento, specialmente di notte o al risveglio mattutino, delle prime tre dita della mano. Ciò è causato dalla riduzione della velocità di conduzione nervosa durante la funzione prensile.
Successivamente, con il progredire dell’affezione, il torpore si trasforma in formicolio e sensibilità tattile ridotta, poi e dolore difficoltà a piegare il pollice.
La diagnosi
Per confermare la presenza della sindrome, e per valutare il grado di danno da compressione che ha già subito il nervo mediano, si esegue un esame strumentale semplice e routinario: l’elettromiografia.
È meglio se i dati strumentali rilevati siano comparati anche con quelli del versante controlaterale, per svelare precocemente un’eventuale bilateralità della malattia.
Le cause
Le cause da cui prende origine la sindrome sono molteplici, ed in gran parte sconosciuti. Per esempio, è noto che alcuni sintomi di essa si presentano durante gli ultimi mesi della gravidanza, perché l’accresciuta e prolungata cascata ormonale genera ritenzione idrica e gonfiori. Infatti, in genere la sintomatologia scompare o si riduce molto alcuni mesi dopo il parto.
La ritenzione idrica è causa della malattia in molte condizioni patologiche, tra cui l’insufficienza renale, il diabete, l’obesità, lo scompenso cardiaco. In questi casi si deve prima curare la patologia principale, per poi venire a capo della sindrome.
Può essere considerata anche una malattia professionale, poiché può originarsi e accentuarsi per alcuni movimenti ripetuti del polso che compiono alcuni musicisti, lavoratori al computer, operai che utilizzano strumenti vibranti e a percussione, o che eseguono movimenti ripetuti e forzati del polso.
Anche alcuni sport, come il tennis, la pallavolo ed il bowling, predispongono all’insorgenza della malattia, perché sono causa di attrito continuo dei tendini al polso.
La cura
La cura definitiva, nella maggior parte dei casi, è l’intervento chirurgico: poco invasivo, abbastanza semplice da eseguire e risolutivo.
Consiste soltanto nella resezione (taglio) del ligamento carpale trasverso, in anestesia locale, attraverso un’incisione cutanea molto piccola più vicina al palmo che al polso. Lo scopo dell’intervento chirurgico è ridare più spazio al nervo mediano, eliminando la costrizione attorno ad esso.
È importante che si esegua non tardivamente, poiché se il nervo mediano è stato ormai gravemente compromesso, la sua decompressione risulterà meno efficace per quanto riguarda la riduzione della sintomatologia e la ripresa della piena funzionalità muscolare. Nei casi più gravi, infatti, non cancellerà, o risolverà solo in parte, la patologia presente, pur bloccandone l’aggravamento.